Gli Enotri

Il panorama culturale del Meridione d’Italia risulta abbastanza omogeneo durante l’età del ferro: in questo quadro si collocano gli Enotri, popolazione stanziata in un’area che comprende la Basilicata occidentale, il Vallo di Diano, la fascia costiera del Cilento, la fascia costiera della Calabria settentrionale e l’entroterra calabro, solcato dai bacini del Crati, dell’Esaro, del Coscile e del Savuto.

Le fonti storiografiche che delineano la genesi di questa popolazione sono perlopiù greche e latine. La tradizione riconduce l’origine dei popoli di stirpe enotria alla discendenza degli eroi greci di ritorno dalla guerra di Troia, recuperando la tradizione dei nostoi per ragioni politiche e legittimando la fondazione delle nuove colonie. 

Dionigi di Alicarnasso racconta che diciassette generazioni prima della guerra di Troia, epoca riconducibile alla media età del bronzo, re Enotro e suo fratello Peucezio condussero gli Arcadi nell’Italia meridionale e ribattezzarono i territori conquistati con il nome di Enotria. Più tardi, il successore di Enotro, re Italo, ampliò i confini del regno, chiamato poi Italìa in suo onore, sino alla Calabria meridionale. Secondo Aristotele, fu lui a imporre l’uso delle leggi e delle istituzioni, tra cui la pratica di consumare i pasti in comune (sissizie). 

Proprio agli inizi della media età del bronzo sorgono piccoli centri abitati posti su alture, frequentati da genti dedite alle attività agricole e alla pastorizia. La figura di re Italo potrebbe riferirsi al periodo tra l’età del Bronzo Medio e del Bronzo Recente, quando gli insediamenti diventano stabili e si affermano nuove tecniche agricole e nuove produzioni specializzate. 

Nel corso del Bronzo Recente, i contatti con il mondo egeo-miceneo portano allo sviluppo di numerosi centri, grazie all’adozione di nuove tecniche usate nella realizzazione della ceramica, nelle pratiche agricole (olivicoltura e viticoltura) e nella metallurgia. È introdotto l’utilizzo del tornio da vasaio, grazie al quale sono realizzati vasi dipinti (imitanti i prodotti micenei) o di ceramica grigia, grandi contenitori utilizzati per l’olio e forse per il vino.
Nell’età del Bronzo Finale i rapporti commerciali sono mantenuti con l’area dell’Egeo orientale. In questo periodo, nella produzione ceramica vengono adottate forme e decorazioni tipiche dell’Italia peninsulare e del centro Europa: i vasi sono decorati con motivi geometrici, realizzati molto spesso mediante incisioni e lucidature della ceramica. 

Le comunità enotrie della prima età del ferro vivevano in insediamenti fortificati, collocati in aree di altura: dalla sommità delle colline si controllava il territorio circostante, dove sorgevano piazzeforti militari e siti di produzione. La pianura fu scelta per la presenza di acque e di terreni che rispondevano a precise esigenze legate all’agricoltura, all’allevamento, alla pastorizia e alla transumanza.
In questo periodo i caratteri aristocratici si accentuano: questo tratto è riscontrabile nella realizzazione di sepolture riunite in base ai rapporti di parentela, che diventano veri e propri tumuli costituiti da tombe sovrapposte. 
Il progresso degli Enotri durante la prima età del ferro avviene anche grazie al forte sviluppo dello sfruttamento delle miniere di rame e di ferro e alle influenze provenienti dall’area egea e illirico-balcanica.
La gestione dei traffici commerciali nel Mediterraneo passa, in questo periodo, sotto il controllo dei Fenici e, in seguito al crollo della società micenea, si riprendono i contatti con la Grecia, entrata in conflitto con le fiorenti città etrusche per il controllo sul Mediterraneo centrale. 

La fondazione della colonia di Sibari avviene verso l’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. e comporta un radicale cambiamento di quella che era la vita in questo territorio.
L’influenza achea tra VIII e VII secolo a.C. si registra anche nei siti enotri. La scarsità dei dati archeologici relativi alla colonia achea di Sibari rendono ancora più interessanti i contesti indigeni che si trovarono a stretto contatto con i coloni greci e che mostravano una loro complessità ancora prima del loro arrivo sulle coste italiane. 
Gli studi storici ed archeologici relativi ad aree come quelle del Timpone della Motta di Francavilla Marittima consentono di riconoscere l’interazione tra i coloni achei e la popolazione locale, con una lenta fusione della cultura greca ed indigena.