Il mito di Epeo
È nei versi dell’Iliade che compare, per la prima volta, il nome di Epeo, costruttore del cavallo di Troia, le cui vicende superano la tradizione omerica e si innestano nel ciclo dei nostoi, relativi al ritorno degli eroi greci in patria dopo la guerra.
Figlio di Panopeo della Focide, eccellente nell’arte del pugilato e nelle tecniche artigianali, ma scarsamente apprezzato come guerriero, approda sulle coste dell’Italia meridionale e fonda Lagaria.
Omero lo descrive come alto, possente e perfettamente conscio della sua abilità nel pugilato, nei versi in cui narra del suo scontro con Eurialo durante i giochi funebri organizzati in onore di Patroclo (Omero, Iliade, XXIII, 653.699). Lo descrive come uomo dotato di grande generosità d’animo e di profonda consapevolezza di sé.
È nell’Odissea che Epeo è ricordato in ben due occasioni come costruttore del cavallo ligneo: nel primo passo è menzionato da Odisseo, che avanza a Demodoco la richiesta di cantare del famoso cavallo che Epeo costruì grazie all’aiuto della dea Atena (Omero, Odissea, VIII, 492-495); nel secondo è nuovamente Odisseo, disceso nell’Ade, a narrare ad Achille di come suo figlio Neottolemo abbia preso posto all’interno del cavallo fabbricato dalla progenie di Panopeo (Omero, Odissea, XI, 523).
La figura di Epeo viaggia nel corso del tempo e compare nelle parole del poeta greco Ateneo (II sec d.C.) che, riportando due versi attribuiti a Stesicoro ne I Deipnosofisti, lo descrive come idroforo (colui che porta l’acqua) dei re Menelao e Agamennone (gli Atridi), condizione che commuove la dea Atena al punto da porre l’eroe sotto la sua protezione: è lei a ispirarlo nella costruzione del cavallo, rivelatosi mezzo fondamentale per la vittoria contro i Troiani. Il suo ruolo di idroforo è ricollegabile al culto di Atena: uno dei fregi del Partenone, relativo alle Panatenee (le processioni in onore della dea), presenta rilievi con figure di portatori di acqua.
L’eroe è citato nel prologo delle Troiane, la tragedia di Euripide, proprio in qualità di costruttore del cavallo e da Apollodoro di Atene che, nelle Epitome, ne parla come vincitore della gara di pugilato svoltasi durante i giochi funebri organizzati in onore di Patroclo; narra anche dei colloqui intrattenuti con Ulisse per la scelta dei materiali più idonei alla costruzione del cavallo.
In Quinto Smirneo è ricordato un incontro di pugilato contro Acamante, avvenuto nel corso dei giochi in onore del figlio di Achille, nonché della costruzione del cavallo.
Con Cratino e Licofrone, la visione negativa della figura di Epeo sembra prendere il sopravvento: ritraggono l’eroe come un guerriero modesto e poco abituato alla battaglia. Licofrone lo descrive come abile nel pugilato, ma codardo in battaglia, sebbene utile per l’esercito. Attribuisce queste sue caratteristiche alle colpe del padre, che nascose parte del bottino della guerra contro i Tafi-Teleboi infrangendo il giuramento fatto su Atena e Ares di dividerlo equamente con i compagni.
La figura di Epeo, nel corso del tempo, continua a mutare fino a caratterizzarsi come fondatore di città. La principale testimonianza, che ritrae Epeo quale fondatore di Lagaria, è Strabone (Geografia, VI, 1, 14) che, come Elio Erodiano e Stefano di Bisanzio, assegna a questo centro il ruolo di phrourion (avamposto militare).
Al contrario, Licofrone racconta che l’eroe fu accolto a Lagaria, dunque non ne fu il fondatore e che in questo luogo consacrò gli arnesi utilizzati per la costruzione del cavallo di Troia, nel tempio di Atena Myndia.
Nello Pseudo Aristotele si parla della consacrazione degli arnesi ad Atena Eilenia, il cui santuario si trova a Lagaria, nel Metapontino.
In ambito artistico, Pausania ricorda che Epeo fu raffigurato nella megalografia dell’Ilioupersis, realizzata da Polignoto, nella quale compare in nudità eroica nell’atto di abbattere le mura di Troia insieme al cavallo ligneo.
Platone lo menziona nello Ione come uno tra i più grandi scultori della Grecia arcaica e nella Repubblica dove, nel parlare del mito di Er e delle anime che si reincarnano, cita Epeo quale eroe reincarnato nella figura di una donna artigiana.
Simia di Rodi (III secolo a.C.), nella Technopáignia, ricorda che Epeo consacrò ad Atena la sua scure, aggiungendo che fu un idroforo e che fu presente all’interno del cavallo di Troia insieme ad altri eroi. Il suo componimento è pensato come la dedica incisa sull’ascia votiva che Epeo utilizzò per costruire il cavallo e che dedicò nel tempio di Atena una volta raggiunte le coste dell’Italia Meridionale.
Epeo è ricordato nuovamente come costruttore del cavallo, ispirato dalla dea Atena, nell’epigramma dell’autore di età augustea Antifilo di Bisanzio, conservato nell’Antologia Palatina, e in Trifiodoro, autore del IV secolo d.C. che, in tre passi, lo ricorda quale costruttore del cavallo e come colui che vi salì per ultimo (Trifiodoro, Ilii excidium, vv. 57-58, vv. 182-183, v. 295).
In Giovanni Tzetze l’eroe è citato non solo come costruttore del cavallo ma anche come soldato che vi salì per ultimo, insieme a Odisseo. Epeo è descritto anche nelle Allegoriae Iliadis come uomo giovane, alto e splendido, aggraziato, pauroso più di un cervo, ottimo pugile e inventore di macchine da guerra.
Nella letteratura latina si riscontrano pochi riferimenti alla figura di Epeo. Virgilio e Iginio, tornato sul tema del cavallo, e Ovidio, il 19 di marzo, giorno consacrato alla dea Atena, elogiano la dea sottolineando il ruolo di protettrice delle arti e dei mestieri e di ispiratrice di uomini come Epeo. Plinio ritorna sulla costruzione del cavallo sottolineandone le funzioni di macchina da guerra e Varrone lo ricorda per il cavallo e per i suoi rapporti con gli Atridi.
In un passo di Giustino (Storie filippiche, XX, 1, 16 e 2,1), Epeo non è più fondatore di Lagaria ma di Metaponto, dove dedicò, nel tempio di Atena, gli utensili utilizzati per la costruzione del cavallo. La stessa informazione è riportata nel primo libro della Storia Romana di Velleio Patercolo.
L’uso che gli autori fanno del personaggio di Epeo mostra uno sviluppo lineare della figura dell’eroe, che deve la sua fortuna prevalentemente alla costruzione del leggendario cavallo ligneo.